lunedì 26 settembre 2011

STORY- MELANIE :) CAPITOLO 2


Ecco il secondo capitolo della storia di Melanie ..... sono consapevole che è un pò lungo, mi spiace, spero comunque che vi piaccia. :)

Capitolo 2

Esco di casa che sono le otto.  Fuori è già buio e le luci dei lampioni rischiara i marciapiedi agli angoli della strada.
Vivo in un piccolo paese fuori città come Darwin ed Alisa. Molti di noi devono viaggiare  in pullman ogni giorno per andare a scuola visto che nei paesi non ci sono licei.
Non mi è mai dispiaciuto vivere così, lontano dal traffico soffocante e dalla confusione che riempie l’aria delle grandi città. Nel mio paese c’è calma, silenzio e pace. Conosco il nome e l’albero genealogico di ogni singolo concittadino e loro conoscono il mio. La sera ho la certezza di poter attraversare qualunque strada di questo paese senza correre alcun pericolo.
La giornata è passata più lentamente di quanto avesse creduto possibile, ma tutto sommato sono piuttosto soddisfatta di come è andata. Certo, mi dispiace per aver perso l’amicizia di Darla. Eravamo amiche da prima del liceo, quando si era trasferita da un'altra città, ma ormai da diverso tempo ci eravamo allontanate l’una dall’altra .
Questa mattina, quando l’ho incontrata, ho avuto la sensazione che volesse dirmi qualcosa, forse spiegarmi cosa ci avesse realmente separato. Secondo mia madre voleva solo esprimere la sua solidarietà per ciò che ci è capitato. Io credo che volesse dirmi qualcosa di più, ma forse mi sto solo illudendo che Darla provi ancora interesse per me.
Una follata di vento gelido mi scompiglia i lunghi capelli, mentre passo davanti a una fila di case a due piani con il giardino. Sbuffando cerco di toglierli dagli occhi.
La strada è deserta anche se le luci delle case sono accese e in lontananza si sente il rumore di una serranda che viene chiusa. Non c’è traffico a quest’ora, ma in lontananza si sente il ronzio delle macchine che passano. Giro l’angolo verso il parco dove si trova la casa di Darwin. A quel punto sento dei passi alle mie spalle.
Il mio cuore accelera il suo battito. Riconosco la famigliare morsa che mi stringe il petto quando ho la sensazione che qualcosa di brutto debba succedere. Lentamente mi volto cercando di farlo sembrare un gesto spontaneo, quasi avessi sentito qualcuno chiamarmi. Alle mie spalle scorgo due figure longilinee che camminano in silenzio.
Continuo a camminare cercando di non farmi prendere dal panico. Sono piuttosto nervosa ultimamente e c’è sempre la possibilità che mi stia sbagliando. La morsa però si fa più stretta e quasi involontariamente mi volto a guardare alle mie spalle. Le due figure sono più vicine adesso e anche il loro passo è accelerato rispetto a poco fa.
La strada mi sembra più buia adesso e la mia certezza che non possano esserci pericoli in un paesino come questo non è più così salda. Inizio a correre infilandomi in una via secondaria senza smettere di controllare se vengo inseguita.
Dopo poco la strada è di nuovo deserta.
Mi fermo con il fiatone e il cuore che batte furiosamente <<Che stupida>> mi dico <<Non mi stavano seguendo>>. Eppure c’era qualcosa di strano nel modo in cui camminavano, senza parlare. Scuotendo la testa recupero un po’ di calma e  mi volto per riprendere la strada intenzionata a non tornare indietro.
La prima cosa che vedo sono due occhi turchesi che mi scrutano da distanza ravvicinata. Un grido risuona nel aria prima ancora che mi renda conto che sono io ad averlo prodotto. Indietreggio rischiando di perdere l’equilibrio e cadere e metto a fuoco un ragazzo alto e snello che mi sorride divertito.
<<Aspetta>> dice allungando una mano per trattenermi. Vado a sbattere contro qualcosa e una dolorosa scossa di energia mi attraversa annebbiandomi la vista.
Alle mie spalle c’è un altro ragazzo, anche lui alto e magro; i suoi occhi verdi come foglie appena nate mi scrutano privi di emozione.
<<Non volevamo spaventarti. Sembravi confusa … tutto bene?>> dice con voce bassa e disinteressata. Mi sento tutta dolorante, l’energia che mi pulsa dentro con forza e la gola serrata da una morsa ferrea che non mi permette di parlare. Tutto quello che sento di poter fare è fuggire. I volti dei due ragazzi sono pressoché identici e la loro semplice presenza risuona come una minaccia dentro di me. Le mie gambe si muovono da sole, il mio corpo e la mia mente si rifiutano di rispondere al mio controllo e agisco in base a una volontà non mia.
Percorro tutta la strada fino a casa di Darwin senza fermarmi e senza osare guardarmi alle spalle. Non riesco a sentire oltre i battiti forsennati del mio cuore, del suono disperato dei miei passi e il bruciare intenso della gola al passaggio dell’aria assorbe tutta la mia concentrazione.
Arrivo al parco e mi dirigo verso le case che lo circondano. Spalanco il cancello della casa di Darwin con un gran fracasso, tanto che il vecchio gatto che da anni dorme sul muretto della casa si sveglia miagolando indignato. Busso freneticamente alla porta guardandomi indietro e anche se non vedo niente, non riesco a tranquillizzarmi.
Darwin apre la porta sorpreso <<Eccomi, non c’è bisogno di …>>. Non gli lascio finire la frase che sono nelle sue braccia. <<Qualcuno mi stava seguendo! Due ragazzi. Oddio erano dietro di me e non mi lasciavano>> ansimo. Darwin mi guarda dall’alto, allunga il collo per vedere fuori <<Resta qua>> dice uscendo in ciabatte sul marciapiede e scrutando la strada in entrambe le direzioni.
Darwin è molto alto, all’incirca un metro e settanta e anche se non è molto muscoloso è più robusto dei ragazzi che mi seguivano, o almeno mi sembra. Ritorna scuotendo la testa, i capelli scuri scompigliati come se si fosse appena svegliato <<Non c’è nessuno in strada. Sei sicura che ti seguissero?>>
Non mi ero accorta di tremare, ma quando Darwin mi poggia le mani sulle spalle capisco che è così. Il ragazzo dagli occhi verdi aveva detto qualcosa, non riesco a ricordare bene cosa, ma ora comincio a credere di aver esagerato. Come avevano fatto ad arrivare prima di me in quella strada se erano alle mie spalle?
<<Mi seguivano. Mi hanno anche fermata e avevano entrambi dei cappucci sulla testa … io …>> mi blocco. Non posso dirli della sensazione di pericolo. Conosco Darwin da tutta la vita e non c’è nulla che lui non sappia di me. E’ stato al mio fianco anche durante questo mese terribile. Eppure nonostante tutto ciò che condividiamo non gli ho mai detto delle strane sensazioni che provo, anche se credo sospetti qualcosa.
Vedendomi tacere, Darwin mi da un buffetto affettuoso sulla guancia <<Okay. Comunque credo che tu gli abbia seminati perché là fuori non c’è nessuno. Quindi smetti di piangere ed entriamo>>.
L’ho guardo sorpresa, sfregandomi la guancia con la mano cancello le lacrime che non mi ero accorta di aver versato, Ho avuto tanta paura da non accorgermi di nient’altro.
Imbarazzata entro in casa. Non serve che mi indichi dov’è il bagno, conosco questa casa quanto la mia. Quando l’ho raggiungo nella sua camera sta giocando a play. Darwin è un appassionato di videogiochi oltre che di sport e manga. La sua camera è piena di scafali di manga e giochi per pc, wii e play, tanto che molti sono accatastati per terra. I muri sono ricoperti da poster raffiguranti giocatori di football o personaggi di anime giapponesi.
<<Alisa sta arrivando con le pizze>> annuncia seguendo con il joystick il movimenti del personaggio nello schermo.  Mi siedo al suo fianco incrociando le gambe <<Bene. Sei sicuro che i tuoi non protesteranno per la nostra presenza?>>   
<<Certo che no. Non ci sono nemmeno e non torneranno prima dell’una o due di notte. Possiamo fare quello che vogliamo, compreso organizzare una festa stile American Pie>>.
Prendo il joystick e inizio a giocare con Darwin in attesa dell’arrivo di Alisa. Un ora dopo arriva con le pizze calde e una scatola di birre.
<<Hai per caso visto qualcosa di strano fuori?>> chiede Darwin sistemando tutto sul tappeto e sedendo in circolo con noi. Prese un pezzo della sua pizza preferita con il doppio strato di mozzarella filante. Alisa riflette un attimo <<No, perché?>>
<<Mel era certa di essere pedinata>>
<<Io ero pedinata>> replico prontamente. Darwin mi lancia un occhiata che dice chiaramente che non ci crede, prima di aggiungere <<Ho sentito che quando si è sotto pressione è normale avere allucinazioni>>.
<<Nessuno ha allucinazioni a parte te spilungone>> dice Alisa con una smorfia e poi facendomi l’occhiolino. Le sorrido riconoscente. Non siamo amiche da tanto tempo come con Darwin, ma il nostro legame è comunque molto saldo. Si è trasferita in un paese qui vicino quasi tre anni con i suoi genitori. Alisa ha gli occhi nocciola di sua madre e il suo stesso viso delicato, ma ha ereditato i ricci capelli scuri del padre di colore.
Darwin stappa una bottiglia di birra e la solleva fra noi <<Allora, visto che siamo in vena di complicità, propongo un brindisi per la nostra riunione dopo tanto tempo, qui, stasera, dopo quello che è stato un mese lunghissimo>> annuncia sorridendo. Io e Alisa solleviamo le nostre birre imitandone il gesto solenne.
<<Oggi ricomincia la nostra tradizione di sfide a videogiochi, di bevute e di uscite. Soprattutto rinforziamo il nostro legame ancora una volta ed esorcizziamo il dolore e la sofferenza di questo mese!>> dice sorridendo fiducioso. Alisa si sporge in avanti con gli occhi scintillanti <<Non scordare che noi ci siamo per te, Mel. Qualunque cosa succeda dobbiamo sempre stare insieme>>.
Brindiamo e beviamo un lungo sorso, sollevata di avere un sostegno simile dalla mia parte.
<<Avete pensato a come vestirvi al ballo?>>chiede senza preavviso Alisa. Sussulto confusa. Il ballo. Certo, mi ero scordata del ballo di Halloween. Fino all’anno scorso ero a capo dell’organizzazione eventi della scuola, ma dopo i recenti sviluppi mi resi conto di non avere alcuna voglia di parteciparvi.
Ogni anno io e Darla ci sfidavamo per vedere chi di noi avrebbe indossato il migliore costume, adesso che non eravamo più amiche non aveva senso concentrarsi tanto sulla scelta di un costume fantastico.
<<Io non dico nulla. Sarà una sorpresa>> esordisce Darwin poggiandosi al suo letto con l’aria di chi sa quel che fa. Per nulla soddisfatta, Alisa prende un altro boccone di pizza e chiarisce <<Io so cosa sarò. Ho deciso mesi fa ed è fantastico>>
<<Una nana? Perché nel caso hai la mia approvazione. Staresti molto bene come nanetta>> . A volte, quando ha questi momenti d’infantile eccitazione, mi ricorda terribilmente la mia sorellina, Elena che ha cinque anni.
<<Mi sembra un buon costume>> dico accondiscende.
<<E tu da cosa ti vesti?>>
<<Non lo so. Forse non vengo. E’ troppo tardi per aiutare a organizzare e poi non ho un costume per la festa … ne un accompagnatore>> spiego giocando con una ciocca dei miei lunghissimi capelli scuri. Darwin inarca entrambe le sopracciglia <<Che problema c’è, ci sono io a farti d’accompagnatore. E per quanto riguarda il vestito … sei un tipo creativo e ti verrà in mente qualcosa>>.
<<Ma tu non odiavi queste feste?>> chiede Alisa sorpresa. <<Si>> conferma Darwin <<Ma verrò lo stesso>> i suoi occhi cercano i miei. Lo vedo cercare disperatamente di sorreggere il mio sguardo per più di tre secondi, ma per quanto ci provi finisce comunque per abbassarlo con un senso di delusione. Da quando ho memoria solo una persona ha saputo guardarmi negli occhi senza sentire il bisogno di distogliere lo sguardo.
<<So quanto tu, Melanie, adori queste cose. Ti farò compagnia>> dice piano. Lo ringrazio e in silenzio finiamo di mangiare per poi tornare a giocare e ridere. Non parliamo di nulla d’importante o di sensato ne nessuno di noi fa più parola dei ragazzi che mi hanno seguito.
A mezzanotte io e Alisa prendiamo i cappotti e salutiamo Darwin prima di andarcene.
La macchina di Alisa è parcheggiata proprio davanti al cancello nero della casa del nostro amico. E’ un vecchio pick-up arrugginito che si è guadagnata lavorando part-time in un bar. Nonostante le dica sempre che è un cartoccio ne va talmente fiera da averli dato un nome: Beck.
Esito sul marciapiede guardando le poche macchine che attraversano la strada poco illuminata a tarda notte. Le loro risate risuonano nell’aria con l’abbaiare di qualche cane. Il vecchio gatto che da anni dorme sul muretto della casa di Darwin non mi degna nemmeno di uno sguardo.
<<Aly?>> chiamo dopo un attimo di esitazione. Lei si ferma con lo sportello aperto e l’aria interrogativa <<Si?>>.
<<Mi dai un passaggio a casa?>>.
Alisa si volta per guardarmi meglio, sorpresa dalla mia domanda. Non ho mai accettato nemmeno uno dei passaggi che mi ha offerto da casa di Darwin alla mia. Mi è sempre sembrato sciocco venire accompagnata da qualcuno per le vie del mio paese solo perché era notte. Sin da piccola ho sempre avuto fiducia che nella notte nulla potesse farmi del male o spaventarmi. Forse sono stata l’unica bambina che non ha mai pensato di trovare un mostro sotto il suo letto o dentro l’armadio, l’unica ha non avere mai paura dell’oscurità.
Oggi però è diverso. Ho paura. Irrazionalmente penso di poter trovare qualche mostro nelle ombre della strada o forse d’incontrare ancora quei due ragazzi.
Ripresasi dal momento di stupore mi sorride <<Ma certo. Vieni, non mi costa nulla>>.
Senza aggiungere altro salgo nel posto del passeggero con un senso di profonda inquietudine dentro. 

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